In questo tempo avaro di umanità non c'è modo migliore di seminare un futuro migliore che fare spazio alla parola della poesia che per me è espressione dello Spirito.

E c'è una poesia che si nasconde, senza versi, anche nella prosa. È così che mi ha folgorato l'articolo di Maurizio Maggiani pubblicato ieri su La Stampa col titolo: Trai potenti e lo sfarzo di Notre Dame l'Europa ha scordato la lezione di Cristo. In quelle riflessioni così parla di Gesù di Nazareth: 

"Il pericolo pubblico numero uno, attentatore al potere dell'impero e del sottopotere dei suoi asserviti, l'uomo che ha annunciato l'avvenire di un regno dove regnanti sarebbero stati i semplici, i miti e gli afflitti, i perseguitati a causa di giustizia, gli operatori di pace e i portatori di misericordia; nella liturgia della chiesa ortodossa le Beatitudini non si leggono, ma si cantano, così che i cuori non ne siano mai sazi. Quell'uomo che non ha mai diviso, ma solo moltiplicato, e non ha spezzato il suo pane e il suo pesce perché gli affamati ne prendessero un infimo boccone per conservarsi nella fame, ma li ha moltiplicati perché tutti ne fossero sazi. E parlo di un uomo perché rivendico il mio essere cristiano nonostante non abbia avuto il regalo della fede, la pazienza e il coraggio di Maddalena che l'ha portata al suo sepolcro per constatare che il suo amico e maestro era incommensurabilmente di più; sì, sono cristiano anche se ho conosciuto il figlio senza riconoscerne il padre". 


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