Dice Cecilia Sala che è stata dura vivere l'abbraccio di addio con Farzaneh, la sua compagna di cella iraniana che era stata rinchiusa in quello stesso buco nero della prigione di Evin.

Lei libera e l'altra, le altre, ancora in galera e chissà per quanto tempo. Se è inevitabile che la giornalista italiana senta il peso di un senso di colpa enorme nei confronti di colei con cui ha condiviso la sorte pesante in quei giorni, anche ciascuna/o di noi dovrebbe avere il pensiero in quella stanza misera, degradante, buia e senza letti. A tutte le altre che ingiustamente soffrono le catene della solitudine e sono calpestate nella dignità. Donne, vita e libertà, Farzaneh non è rinchiusa in quella prigione con l'accusa d'aver commesso un grave crimine ma semplicemente per aver gridato ad alta voce la sete di libertà di un'intera generazione che vuole vedersi riconosciuti i diritti sanciti dalla comunità internazionale. Anche da noi. Per questo non possiamo abbandonarla. 


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