È vero che il Likud ribadisce che non si tratta della fine delle operazioni di guerra e che l'accordo firmato non è la pace,

ma l'esultanza degli abitanti della Striscia nelle strade, la consegna delle tre donne-ostaggio alle rispettive famiglie, la fila dei camion al varco di Rafah, la liberazione dei prigionieri palestinesi… danno corpo alla speranza. Anche gli abitanti di Israele comprendono che in pace si vive meglio che in guerra. È del tutto evidente. La scommessa è che i fanatici di entrambi i fronti si persuadano che le loro rispettive cause si possono (e si devono) raggiungere con la forza del dialogo e non con quella della violenza. Ciascuno comprende che la sofferenza inflitta non ha risolto nulla ma solo reso tutto molto più complicato e doloroso. Quelli del 7 ottobre sono consapevoli d'aver acceso una miccia esplosiva e aver generato solo dolore e quelli che negli ultimi 480 giorni si sono adoperati a pianificare e realizzare solo distruzione e morte, ora sanno che i combattenti di Hamas sono ancora in forze e che questo tempo è servito solo a piantare tanti semi di vendette e violenza per il futuro. Per queste ragioni il varco di rispetto aperto ieri è una scialuppa di umanità. Nello stesso cantiere navale ora bisogna ultimare la costruzione del piroscafo della pace. 


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