Con il titolo “Un Dio che sconcerta” il settimanale diocesano di Molfetta "Luce e Vita", il 7 marzo 1993 pubblicava una riflessione di don Tonino Bello. Quest’anno la Pasqua ricorre nello stesso giorno anniversario della sua morte (dies natalis). Per questa ragione la pubblicheremo in tre puntate affinché ci accompagni in questa Settimana Santa.
Ogni volta che l'orario mi permette una piccola sosta nella stazione di Firenze, non manco di entrare nella vicina basilica di S. Maria Novella. E corro subito, sulla sinistra, a inginocchiarmi davanti a un singolare affresco intitolato «Trinità», ma che in effetti riproduce la Crocifissione: con lo Spirito che aleggia facendo splendere il capo del Padre, il quale, sovrastando sul Figlio in Croce, sembra gli protegga le spalle. L'opera, splendida, è del Masaccio. Ma io corro a contemplarla, non tanto per motivi estetici, quanto perché nella diuturna penombra della Chiesa, al timido guizzare delle fiammelle, mi sento subito immerso nel mistero struggente del Calvario e, soprattutto, perché nell'affresco è riportato un messaggio teologico di grande densità. Dietro la Croce, infatti, che sembra sollevarsi da terra, Dio Padre, con le braccia distese, sostiene con i suoi polsi non solo il legno, il «dulce lignum», ma anche il carico delle sue ferraglie patibolari, i «dulces clavos», e, soprattutto, il peso del condannato, il «dulce pondus». Vi assicuro: è una contemplazione che vale la lettura di tutti i quaresimali del Savonarola.