Il patriarcato è molto più diffuso e radicato di quanto ciascuna/o di noi possa pensare. Non lo dico solo in riferimento ai recenti tragici fatti di cronaca che raccontano di nuovi femminicidi.
A impressionare è che le persone coinvolte sono stranieri e italiani, persone colte e istruite e semplici garzoni di bottega senza titolo, del nord e del sud del Paese passando per il centro… insomma la mente patriarcale che arma l’assassino non conosce bivacchi privilegiati, sono tutti buoni. Naturalmente le forze dell’ordine non sono immuni da questo virus. E pertanto apprendiamo che un luogotenente dei carabinieri di stanza a Cavazzona di Castelfranco Emilia, la sera in cui Gabriela Trandafir prende finalmente coraggio per presentarsi in caserma per sporgere denuncia contro le minacce e le violenze del marito, la dissuade dal suo intento e non accetta la denuncia. Un anno dopo, nel giugno 2022, la signora 47nne e la figlia Renata di 22 anni vengono uccise a fucilate da Salvatore Montefusco (ora condannato a 30 anni di reclusione), compagno dell’una e padre dell’altra. A gennaio il carabiniere sarà chiamato a rispondere di omissione di atti d’ufficio e, ne sono certo, opporrà il nobile intento di “non voler rovinare una famiglia” e che “le cose poi si aggiustano” oppure che gli sembrava che la donna stesse esagerando. Il patriarcato ci abita dentro.