Ha ragione Brunetto Salvarani: "Papa Francesco, un Papa cristiano, in 12 mesi a Bozzolo, Barbiana, Alessano, Nomadelfia, Loppiano, non risarcimento, ma restituzione a una memoria ecclesiale condivisa di figure chiave sul confine tra radicalità evangelica e grammatica dell'umano".

Papa Francesco con ago e filo sta ricucendo una storia di Chiesa e di società italiane che per troppo tempo i palazzi hanno considerato minore, marginale, ininfluente e che oggi vengono recuperate come preziose traduzioni del Vangelo nel novecento del nostro Paese. Si tratta di uomini e donne che hanno anticipato o interpretato il Concilio Vaticano II nello spirito prima ancora che nella lettera, dando voce sì ai più poveri ma anche a tanti credenti che in Italia e altrove nel mondo non avevano la possibilità di proporre il proprio contributo alla sordità, alla disattenzione, al pregiudizio dei vertici tanto politici quanto ecclesiali. Ma ciò che sta avvenendo non è soltanto una restituzione. È un rimettere in circolo la linfa pura che è sgorgata da quei cuori innamorati di Cristo e della vita. Solo un Papa giunto a Roma dalla periferia estrema della terra poteva far comprendere la saggia profondità delle periferie del pensiero della Chiesa di casa nostra.


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