C'è una quotidianità dell'informazione che non ci soddisfa perchè ha un'agenda che non sempre (quasi mai!) corrisponde alle priorità della gente e dei popoli.
C'è una verità troppo spesso nascosta tra le pieghe dei fogli di giornale o che incespica tra le parole dello speaker televisivo.
C'è un commento dei fatti che contano veramente che vogliamo rileggere con l'unico filtro che conosciamo.
Quello degli sconfitti, delle vittime, della pace, della gente...
"Avendo in corpo l'occhio del povero" - avrebbe detto don Tonino Bello.
Per questo lanciamo questa nuova rubrica "feriale", ovvero un commento breve che, come Mosaico di pace, ripesca un fatto per riproporlo all'attenzione dei lettori con una luce nuova, con una sensibilità che scommettiamo condivisa.
E se così non fosse è destinata ad aprire riflessione e dibattito.
Pertanto quotidianamente proporremo un commento - breve quanto un'annotazione - su qualcosa che rischierebbe di passare altrimenti inosservato.
Sarà curato dalla redazione e specificatamente da Tonio Dell'Olio.
Speriamo incontri il gradimento e il favore di chi cerca di lasciarsi provocare per non fermarsi mai alla scorza degli avvenimenti ma di cercarne la linfa per attingere nuovi motivi di impegno.

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Siamo così abitati dentro dalla mentalità mercantilistica della vita che anche quando sentiamo parlare di disuguaglianze il nostro pensiero si collega immediatamente al Dio denaro.

Ormai è famosa in tutto il mondo. A 80 anni trova ancora il coraggio di scendere per strada e di manifestare il suo No alla guerra. Merita il Nobel della pace già solo per questo!

Ad Agosto dello scorso anno, quando gli eserciti stranieri lasciarono l'Afghanistan al proprio destino ritirandosi dopo 20 anni di occupazione, chiunque avesse avuto un briciolo di buon senso ha pensato a un clamoroso e costoso (in tutti i sensi!) fallimento.

L'equinozio d'autunno è superato da un pezzo, ha cominciato a ingiallire le foglie e a colorare i campi e le colline. Eppure oggi l'aria profuma di una primavera nuova. Sono passati 60 anni da quel giorno in cui oltre 2500 vescovi si ritrovarono in Vaticano a scommettere sul sogno di una cosa nuova.

Quando si parla in pubblico bisogna pesare bene le parole. Quando si parla al mondo ancora di più. Quando si rappresenta un'autorità morale che è guida per i credenti e riferimento per tante persone nel mondo, è necessario misurare gli accenti, gli aggettivi e le virgole.

"Ci hanno detto che l'invio delle armi all'Ucraina era necessario per 'permettere agli ucraini di resistere all'avanzata russa e arrivare prima al tavolo dei negoziati'.

Cos'altro deve succedere per capire che ormai da troppo tempo abbiamo imboccato (e stiamo percorrendo) la strada peggiore?

Confesso che di fronte alla semplicità disarmante di Davide Paulis, Chiara Vingione, Lorenzo Puliga e tutti gli altri, mi sono commosso. Non perché italiani con tanto di canotta azzurra e nemmeno perché ragazzi con la sindrome di Down, ma semplicemente perché sono riusciti nell'impresa di rimettere lo sport al suo posto.

In una guerra sanguinosa come quella che si sta combattendo in Ucraina sembra quasi che un morto in più o in meno non faccia differenza. Invece il suicidio di Ivan Petunin, 27 anni, rapper, è un grido forte e alto indirizzato alla coscienza di Putin e di ciascuno di noi che resta.

Chi pensava che la nonviolenza e l'obiezione all'uso delle armi fossero state messe definitivamente sotto scacco dallo scenario ucraino, deve fare i conti con quanto sta succedendo in queste ore su entrambi i fronti.

Se provate a strizzare le pagine dei giornali e dei social di questi ultimi due giorni provocherete sgocciolamenti di numeri, percentuali, seggi, nomi di candidati e dati dei flussi elettorali. Non si dice però abbastanza del partito dell'astensione.

La forza (e l'importanza) di Economy of Francesco non sta nelle parole del Patto siglato tra il Papa e i giovani partecipanti al percorso di questi tre anni. Piuttosto è nelle mille esperienze di economia alternativa al capitalismo che sono rifluite ed emerse facendosi conoscere.

Il voto da solo non basta a decretare la legittimità democratica di un governo. Ovvero: "L'elezione non è il criterio necessario e sufficiente per riconoscere la qualità di democrazia". Lo ha scritto ieri Gustavo Zagrebelsky su La Stampa e, per quel che può contare, sottoscrivo in pieno.

Sono pronto ad accettare scommesse. Se si chiedesse agli italiani di scegliere come destinare il 2% del Pil, ovvero 104 milioni di euro al giorno, non sceglierebbero – come hanno fatto Parlamento e Governo – di investire nell'acquisto di armamenti di nuova generazione e aumentare il potenziale bellico nazionale.

C'è da riflettere molto sul serio su quella scelta, introdotta in Ungheria e proposta in Italia, di far ascoltare alle madri il battito del cuore dei feti prima di procedere all'interruzione di gravidanza. Al di là delle ragioni e delle intenzioni con cui tale pratica viene introdotta, indubbiamente è di grande impatto.

Ci sono storie che non hanno bisogno di troppe parole. Brillano di luce propria. Quella di Maria Elena Bottazzi, per esempio, è tutta custodita nella sua passione per la ricerca scientifica. Nasce 56 anni fa in Italia e si trasferisce in Honduras per emigrare in seguito negli Usa dove si è naturalizzata.

Quando le vittime non hanno nome, semplicemente non esistono. È per questo che i nazisti sostituivano immediatamente l'identità anagrafica degli internati dei campi con un numero tatuato sull'avambraccio sinistro. 

Chissà se Shahar Schwartz, Evyatar Moshe Rubin, Einat Gerlitz e Naveh Shabtay Levin hanno mai ascoltato il discorso di Papa Francesco che invitava a seguire la testimonianza di Franz Jägerstätter e rifiutarsi di combattere per Hitler (e per chiunque altro).

Giovannino Perdigiorno,

viaggiando in carrozzone,

capitò nel paese

degli uomini di sapone.

Innanzitutto i nomi: Paolo Borsellino, Agostino Catalano, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Emanuela Loi e Claudio Traina. Perché i nomi sono importanti per non consentire a nessuno di trasformare gli altri in un simbolo disincarnato,

Vorrei invitarvi a conoscere una figura straordinaria di giovane obiettore, un giovane europeo dagli "occhi grandi", che si è battuto contro il nazismo durante la seconda guerra mondiale, Franz Jägerstätter, proclamato Beato dal Papa Benedetto XVI.

È quantomeno di grande impatto quella foto che ritrae la squadra della Fiorentina schierata a centrocampo per il saluto di rito alle autorità e al pubblico. Siamo nel 1931, pieno regime fascista, e si gioca la gara di inaugurazione del nuovo stadio di Firenze

Per quel che può contare vogliamo unire anche la nostra flebile voce a quella di Francesca e Giovanni Dall'Oglio, rispettivamente sorella e fratello di Paolo, che hanno chiesto di dare vita a una Commissione parlamentare d'inchiesta che faccia luce sulla sorte del gesuita italiano.

Non possiamo rassegnarci alla guerra. Stiamo scivolando sempre più e sempre più inesorabilmente verso la convinzione che la soluzione della crisi russo-ucraina debba essere inevitabilmente militare.

La tragedia della Marmolada giunge come una dolorosa terapia d'urto che è costata la vita a molte persone del tutto innocenti. A sottolineare la gravità dei fatti accaduti c'è stata la presenza del presidente del consiglio.

La guerra è una stupida perversione. Adottare la forza della violenza e non quella della ragione, del dialogo, del diritto, per stabilire la verità delle cose, potrebbe definire chi è meglio equipaggiato militarmente o chi ha maggiore abilità strategica ma non chi ha ragione.

Il segreto dell'esito delle azioni di pace che Stop the war ha realizzato finora è in quell'ingrediente delle relazioni che dà sapore al tutto. Piccole trame di tessuto del cuore composte di incontri e di ricerca paziente, di ascolto e di visite realizzate dalla presenza permanente a Leopoli, a Odessa, a Mykolaiv.

Quando si fa riferimento ai risultati di un'esperienza si adotta lo stesso termine che indica la contabilità di un'azienda e si parla di bilancio. Nel caso della presenza della Carovana di Stop the war a Odessa e Mykolaiv niente di più fuorviante che parlare di bilancio.

Aveva 72 anni Donato Marti ed è morto cadendo da un ponteggio in un cantiere edile di Lecce. Non dobbiamo piangere solo per Donato e per la sua famiglia. Dobbiamo piangere per noi.

Ma che brutta figura! Il governo italiano è l'unico dell'Unione Europea a far parte del nuclear sharing, il gruppo di Paesi che pur non producendo proprie armi nucleari ospitano testate di altri Stati alleati, ad aver deciso di non prendere parte alla Conferenza degli Stati parti del Trattato per la proibizione delle armi nucleari che ha preso avvio ieri a Vienna.

Mi chiedo se la scuola parentale, pur legittima e percorribile e che va prendendo piede nel nostro Paese, non sia la negazione di quell'intuizione dei padri della Costituzione che faceva della scuola pubblica una palestra di pluralismo, una pratica per imparare l'arte della relazione, la possibilità di uscire dal bozzolo familiare per prendere il largo e confrontarsi con la vita.

Gustavo Petro è il nuovo presidente della Colombia. Ma nuovo davvero! Per la prima volta nella sua storia la Colombia ha un presidente dell'area progressista. Per la prima volta la vicepresidente è una donna e, per di più afrodiscendente, Francia Marquez.

Ci sono altre guerre e altre aggressioni di cui il mondo non parla. Talvolta sono ad opera di chi, altrove, si presenta travestito da mediatore pacifico. È il caso della Turchia e del Kurdistan iracheno.

Altri 1.079 chilometri di disumanità per infrangere contro il cemento e il filo spinato brandelli di fraternità. 1.079 chilometri è la misura del muro turco in costruzione al confine con l'Iran.

Non conosco Andrea Furegato. Non conosco le sue competenze e il grado di onestà. So che a 25 anni è il nuovo sindaco di Lodi. So che ha studiato nel liceo  della città e all'Università Cattolica di Milano. So che ha vinto al primo turno superando ampiamente la sindaca leghista uscente.

Nella pietà popolare, religione semplice e talvolta carica di mistero, il nome di Sant'Antonio viene invocato per ritrovare le cose perdute. Ciascuno saprà dire se tale ricorso funziona e se è una devozione da coltivare.

Alberto, Don Adamo e Sara sono ritornati a Odessa da Leopoli mentre Ludovico e Maura restano lì per proseguire con i contatti e la collaborazione con i partner locali. È l'avamposto permanente di Stop the war now,

Da cosa è stato suicidato Mohamed Mahmoud Abdel Aziz? Dal nostro razzismo strisciante o dalla nostra indifferenza? Dalla crudeltà dei lager libici camuffati da centri di accoglienza o dal sistema globale che produce i profughi dalla pelle nera?

Il titolo cubitale inequivocabile della prima pagina dell'Osservatore romano di sabato scorso è: Tagliare le risorse alla sanità è un oltraggio all'umanità. Riprende un'espressione indirizzata da Papa Francesco ai dirigenti della Confederazione Federsanità.

Ci siamo arrivati. Ormai con la guerra ci conviviamo. Assuefatti inconsapevoli guardiamo le immagini del tiggì di turno e ascoltiamo di tattiche e di sfondamenti del nemico e di atti eroici di quelli della nostra parte.

In questo giorno, come ogni anno, dovrei scrivere qualche nota per chiedere a me stesso, a chi legge e alle istituzioni, perché domani la Festa della Repubblica dev'essere celebrata con una parata militare.

Affacciarsi al mattino sul mappamondo dovrebbe essere un gesto salutare come aprire la finestra per "cambiare l'aria" e permettere di rinfrescare gli ambienti. Significa andare alla ricerca di segni di speranza che disperdano il fetore della violenza delle guerre e del terrorismo che continua a viziare l'aria.

C'è un Trattato Internazionale per l'abolizione delle armi nucleari (TPNW) già in vigore ma che l'Italia, come tutti gli altri Paesi Nato non hanno firmato. Farlo sarebbe un passo avanti verso la pace.

Eddie Hawkins da qualche giorno ha 92 anni. È uno dei protagonisti indiscussi della musica Godspel e Spirituals almeno in Italia. Qualche giorno fa mi raccontava che un bel giorno il papà lo prese per mano insieme al fratello per andare ad assistere alla prima assoluta di Via col vento nel lontanissimo 1939 ad Atlanta dove abitava.

Ci sono persone che senza diventare popolari hanno contribuito a cambiare il mondo. Hanno offerto un contributo nuovo di pensiero e di proposta. Andrea Canevaro è stato uno di questi.

Steve Kerr, ex cestista e allenatore dei Golden State Warriors durante una conferenza stampa si è rivolto duramente contro i membri del Senato americano che non approvano provvedimenti più restrittivi sull'acquisto di armi.

Insieme alla coalizione Stop the war, una numerosa delegazione interreligiosa in questi giorni si è recata in Ucraina. Hanno inteso rispondere a una richiesta che il sindaco di Kiev aveva avanzato sin dai primi giorni del conflitto.

Con coraggio e determinazione, Fiammetta Borsellino, figlia del giudice ucciso trent'anni fa a Palermo, denuncia l'omertà di istituzioni e brandelli dello Stato.

Ospitiamo l'articolo di Raffaella Chiodo Karpinsky che appare questa mattina a pagina 5 di Avvenire.

Ostinati e contrari. Consapevoli del prezzo che pagheranno per il loro non riuscire a trattenere la disperazione per questa guerra fatta a nome loro. Giovani e soprattutto donne. Sono loro che danno corpo e voce al «no» alla guerra e alla repressione in Russia. Accompagnano di pari passo l'impegno di giornalisti, intellettuali, politici e attivisti. Con il passare delle settimane, si è andata strutturando un'impalcatura di «servizio» per offrire ai russi un'alternativa alla propaganda del regime che viaggia su almeno due binari. La controinformazione attraverso Youtube,Telegram, le radio indipendenti. La Novaja Gazeta Europa – finalmente col supporto di alcuni quotidiani europei – pubblica on-line, i giornalisti di Eco di Mosca ed altri che rilanciano il no alla guerra di diverse personalità russe. La protesta: spuntano immagini di giovani che manifestano con cartelli e bandiere. È il caso del video in cui un giovane a Khabarovsk: il ragazzo riesce a fare il suo discorso perché la polizia lo arresta solo alla fine. Lui ringrazia gli agenti per avergli concesso il «diritto di esprimersi». Ironico ma neanche tanto. Sorge spontanea la domanda: e se gli agenti, i soldati, rifiutassero di adempiere agli ordini impartiti dall'alto? Una disobbedienza che sembra crescere riportata da più parti e con testimonianze, al fronte e nel Paese.

I sabotaggi alle sedi dei comandi militari che arruolano i giovani per la «mobilitazione» nelle ultime due settimane sono ormai una serie significativa. Il giovane di Omsk che diffonde il video in cui si dice disposto a rischiare la galera perché non può accettare che un giorno si possa dire che ha taciuto. Lo studente che espone lo striscione sulla facciata principale della Facoltà di chimica dell'Università Statale di Mosca o quello comparso sul ponte a Sochi.

Gesti che avanzano insieme alla marcia silenziosa dei nastri verdi che ormai si possono trovare ovunque, anche nell'esibizione di danza degli studenti dell'Università statale di cultura fisica, sport e turismo del Volga (Kazan). In un clima di violenta repressione hanno forte valenza simbolica, forse il sintomo di qualcosa di più rilevante. Dà coraggio a chi nei primi momenti era paralizzato. Grazie al «Non sei solo» dei nastri verdi e delle notizie che corrono sui social, cresce la spinta a non tacere e così l'invito a non esporsi e autodenunciarsi con i post, viene superato. Restano i suggerimenti sui riferimenti legali in caso di arresto. Ribellione che accompagna testimonianze e dati sulle perdite fra i soldati, su chi non vuole tornare al fronte e su come reagire alla chiamata alla «mobilitazione» che continua ad essere diffusa attraverso l'account delle Madri contro la guerra ed altri account. Un'azione che scalfisce le basi su cui si fonda la guerra: i soldati che la combattono. Le prove sugli orrori perpetrati dall'esercito in Ucraina, le informazioni legali dettagliate, con tanto di format per rifiutare l'arruolamento. La più potente controinformazione perché trasversale, di madre in madre, di ragazzo in ragazza, di villaggio in villaggio. È stato così già ai tempi dell'occupazione sovietica dell'Afghanistan. Putin lo sa e teme queste voci. Il 9 maggio le sue parole sui caduti, sui veterani e sulle ricompense per chi ha perso il figlio, il marito sono il sintomo della necessità di rispondere a domande che bruciano.

 

Ritrovo una vignetta di Mauro Biani del 2019: "Davvero, puoi guarire se ti impegni. Non si nasce omofobi".

Se ne parla sì, ma quasi a mezza voce, quasi con pudore. Claudio Graziano, il generale che fu Capo di Stato maggiore in Italia e fino al primo giugno è presidente del Comitato militare dell'Unione europea, è stato nominato Presidente del Consiglio di Amministrazione di Fincantieri.

Il ricordo di Pierluigi Di Piazza è di quelli che non avremmo mai voluto scrivere. L'umiltà del cammino senza protagonismi e senza mai alzare la voce erano cuciti sulla sua stessa pelle e si esprimevano in una domanda, in un atteggiamento del corpo, in un tono della voce, nella trasparenza di uno sguardo.

Ahmadreza Djalali ha abitato e insegnato anche in Italia, a Novara. Esperto di medicina dei disastri e assistenza umanitaria. Iraniano accusato di "spionaggio verso nazioni ostili" ora rischia la pena di morte in Iran. Come ci sollecita Amnesty International non deve essere lasciato solo.

Quella dello Sri Lanka è una vera e propria rivolta popolare. La gente non ne può più di un Paese che sprofonda nella crisi economica pagata come sempre soprattutto dai più poveri ma causata dall'incapacità e dalla corruzione dei suoi governanti.

Non fatela passare per goliardia e tradizione, per effetto del vino e per giustificabile clima di distrazione. Quello che è avvenuto all'adunata degli alpini a Rimini è vergognoso e non ci sono attenuanti.

Agli studiosi di Diritto internazionale la Risoluzione 377A adottata il 3 novembre 1950 dall'Assemblea generale delle Nazioni Unite, resta assolutamente familiare come un punto di riferimento illuminante e serio. La Risoluzione è conosciuta anche come "Uniting for peace".

C'è stato un tempo in cui per i leader europei (e non  solo) andare a parlare con Putin rappresentava una sorta di status symbol. Ci sono andati praticamente tutti, o quasi.

Nell'intervista al Corriere, al di là delle risposte che hanno trovato maggiore eco nei titoli del giorno dopo, Papa Francesco mette in evidenza due aspetti per la costruzione della pace in Ucraina: concentrare l'azione verso Mosca e rafforzare l'impegno dal basso.

Qualche giorno fa (29 aprile), l'economista Tonino Perna sul Manifesto ci ricordava che le armi non si sottraggono alla regola madre dell'economia, ovvero quella della domanda e dell'offerta.

La definizione di Von Clausewitz secondo cui "la guerra è la prosecuzione della politica con altri mezzi", è talmente presente in tanti talk-show, dibattiti e discussioni da bar che finisce per persuaderci fino a legittimare la guerra e rendercela in qualche modo compatibile.

È il titolo "a tutta pagina della prima pagina" di Avvenire di questa mattina. E segna così un passaggio storico, nuovo, inedito. Restituisce dignità a un movimento, a un pensiero, a una teoria e una prassi, irrisi e sbeffeggiati, ignorati e sottovalutati.

In ginocchio davanti a Dio, ma anche davanti agli uomini, impetriamo e supplichiamo che sia ascoltato l'invito di Papa Francesco per una tregua pasquale. Sarebbe una benedizione per tutti!

Il nonviolento adotta lo sguardo dell'oltre e non si lascia crocifiggere dalle semplificazioni adottate a scorciatoia dei problemi complessi, dalla guerra elevata a realismo, dalla morte travestita a destino ineluttabile. Il nonviolento si ribella alla logica binaria che dice violenza o resa.

Lo "ius in bello" è l'insieme delle leggi che regolano il corretto svolgimento dei conflitti come se la guerra fosse una nobile arte cavalleresca che necessita solo di un arbitro. Il Tribunale penale internazionale dell'Aja, tanto invocato in questi giorni, è previsto dallo Statuto di Roma.

Quando abbiamo salutato Leopoli, nevicava abbondantemente. Un lenzuolo bianco sembrava coprire ogni cosa. Come un unguento sulle ferite. Come un gesto pietoso sulla tragedia della guerra. Non si trattava della magia incantata dei fiocchi di neve ma quasi di un gesto di pietà.

In questi giorni, molti dei politici intervistati sulle posizioni espresse dal Papa circa il nuovo programma riarmista, rispondono con un mantra che dice: "Il papa deve dire quelle cose, è un po' il suo lavoro, ma poi tocca a noi fare le scelte concrete".

Da un articoletto piccolo piccolo scopro che in Myanmar sono circa 3000 i militari che finora, rifiutandosi di obbedire agli ordini dei loro superiori che chiedevano di reprimere nel sangue le proteste, hanno dismesso la divisa e si sono uniti ai ribelli o hanno cercato asilo all'estero.

In ogni dibattito sulla liceità dell'uso della armi per una guerra di difesa o di liberazione, di resistenza e di protezione dei civili, arriva sempre, puntuale, l'esempio storico dei partigiani.

In questi giorni si sta dettagliando il programma con tutte le questioni logistiche all'ordine del giorno, ma una cosa è certa: il variegato movimento per la pace è accanto alle vittime dell'Ucraina.

Prendere le distanze in maniera netta dalla guerra non è niente affatto un esercizio retorico. E tanto meno in questo momento. L'aggettivo "ripugnante" usato recentemente dal Papa, richiama il verbo "ripudiare" scomodato dai padri della nostra Costituzione che avevano ancora negli occhi gli orrori della guerra.

C'era un grandissimo bandierone arcobaleno ad aprire il corteo contro le mafie che ieri ha attraversato il centro di Napoli per la Giornata nazionale della memoria delle vittime di mafie e dell'impegno.

Si è approfittato del Decreto Ucraina per coronare il sogno che fu di tutti i ministri della difesa di questo nostro Belpaese: far crescere la spesa di armi per decreto e consenso. Nella giornata di ieri la Camera dei Deputati ha approvato a larghissima maggioranza un ordine del giorno che impegna il governo ad avviare l'incremento delle spese per la Difesa verso il traguardo del 2% del Pil.

Carlo Rovelli non è certo l'ultimo arrivato. È un fisico apprezzato e riconosciuto che non ha mai smesso di pensare anche il suo ruolo e le sue conoscenze come un contributo a rendere migliore questo nostro mondo.

Ascoltatemi, sono una mamma. Si dice vedova se una perde un marito e orfana quando muoiono i genitori. Ma quando muore un figlio non ci sono parole a definire lo strazio. Quel figlio l'avevo sognato, desiderato, inseguito nel cielo tra le nuvole del mattino perché i medici mi dicevano che non potevamo avere figli. L'unico.

Sulla guerra in Ucraina è in corso il festival delle banalità e delle semplificazioni. In genere sono la scorciatoia delle situazioni complesse. Come quella del docente universitario che dice che se sentisse il suo vicino gridare aiuto, non esiterebbe ad armarsi di un bastone per andare a difenderlo.

Il terrorismo che dicono di matrice islamica fornisce il carburante alla violenza con la malsana idea di punire coloro che non stanno più rispettando i comandamenti di Dio e, addirittura, vi si ribellano scegliendo la strada del peccato.

Quando la politica diventa un gioco da tavolo in cui individuare bene la mossa da fare, la pedina da muovere, la carta da gettare sul tavolo, smette i suoi abiti del servizio e veste quelli del potere per il potere.

Che si porti rispetto per le donne, le donne di Ucraina, che versano lacrime amare, davanti ai grembi dischiusi alla morte. Che si onori il coraggio delle donne che silenziose nelle piazze russe innalzano cartelli come ceri davanti all'altare della ragione e della pietà.

Boicottaggio, sabotaggio, solidarietà internazionale, dissenso interno allo Stato aggressore, disobbedienza civile, non collaborazione, presenze internazionali autorevoli nei luoghi di guerra, corpi di interposizione, forza di polizia internazionale indipendente a presidio dei confini e a protezione della popolazione, e poi ancora dialogo, dialogo e dialogo.

Sì, diserto. Dalla scelta governativa di dire che la guerra è sbagliata e, per questo si combatte la guerra con la guerra. Diserto dall'accoglienza selettiva di persone che scappano dalla fame della guerra e dalla guerra della fame quasi a indicare che il luogo di provenienza faccia la differenza.

Alla forza segreta del digiuno e della preghiera, aggiungete anche quella del silenzio. L'abbiamo già detto, ma ora è più prezioso di prima.

A Papa Francesco il ginocchio fa male, molto male. Pur a malincuore ha dovuto rinunciare ad alcune attività programmate per seguire la prescrizione medica del risposo assoluto. Ma nonostante questo non ha chiamato al telefono Avdeev, l'ambasciatore russo presso la Santa Sede e nemmeno l'ha convocato come prescrive il protocollo.

Più di duemila anni di storia avrebbero dovuto insegnarci che non esistono guerre buone, giuste e sante. Che le guerre sono il massimo grado della stupidità dell'umanità: non servono a stabilire chi ha ragione ma, nel migliore dei casi, solo a decidere chi è più forte.

E se invece di continuare a rivolgere appelli, inviti e suppliche a Putin ci rivolgessimo alla popolazione della Russia? Francamente non sarei tanto certo che i cittadini russi, in cuor loro, applaudono all'invasione dell'Ucraina.

Quando le bombe fanno rumore e le esplosioni urlano l'odio, a nulla serve gridare più forte, imprecare, levare la voce. Quando la politica, il dialogo e la diplomazia cedono il passo allo stato maggiore e alla tattica militare, le parole, le dichiarazioni tardive e le buone maniere non fermano la distruzione.

E da oggi Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci e Mustapha Milambo ritornano risucchiati nella muta spirale del silenzio, una coltre a-mediatica che ricopre i luoghi della memoria del giorno prima.

Matteo Lepore ha fatto sua la proposta e la porta in Consiglio comunale dove ha l'appoggio di tutta la maggioranza sulla proposta. Di fatto si tratta del riconoscimento di una sorta di Ius soli comunale.

Non ci interessa un giudizio sulla coerenza e sulle scelte di una persona, sono questioni personali. Ci interessa piuttosto il conflitto di interesse che si genera quando un ex ministro degli interni di nome Marco Minniti, distintosi per la gestione dei migranti e gli accordi con la mafia libica dei lager, oggi scelga di presiedere la fondazione di Leonardo, la maggiore industria di armi in Italia. La Fondazione Med-Or nasce "per unire competenze e capacità dell'industria con il mondo accademico per lo sviluppo del partenariato geo-economico e socio-culturale" si legge nel sito ufficiale. Tradotto significa legittimare a livello culturale il commercio di morte. E per questo il presidente della Fondazione è stato scelto dal sindaco di Firenze a far parte del Comitato scientifico di Florence Mediterranean Mayors' Forum che riunirà nel fine settimana i sindaci dell'area alla presenza del Presidente della Repubblica e del Consiglio con la conclusione affidata domenica 27 a Papa Francesco. Il tutto nel ricordo di Giorgio La Pira, sindaco operatore e costruttore di pace. Giustamente nei giorni scorsi più d'uno ha chiesto agli organizzatori cosa mai potranno avere in comune Giorgio La Pira e Marco Minniti, la costruzione della pace e la vendita degli strumenti di morte, la trasparenza della parola che riconcilia e la seminagione della zizzania dell'inimicizia a scopo commerciale. 

Riserviamo un applauso da fine-settimana all'orchestra della Scala con richiesta di bis. Con la scelta di rinunciare alla tournée in Egitto mette ordine nell'importanza delle cose. La vita delle persone, l'osservanza dei diritti umani e la ricerca di giustizia e verità sono di gran lunga più importanti dei soldi e del prestigio.

Wikipedia, che di solito è ben informata, non dice molto di Stevo Pendarovski se non che è un politico macedone presidente della Repubblica della Macedonia del Nord avendo vinto le elezioni nel 2019.

Nella babele delle dichiarazioni, delle telefonate, degli incontri e delle sedute tra i cupi protagonisti di questa crisi ucraina, qualcuno di voi ha avuto notizia di un incontro tra il Segretario generale e Putin o Biden?

Forse qualcuno mi farà notare che non è certo il primo dei problemi: il mondo in questo momento è afflitto da ben altre crisi. Permettete, però, che almeno contribuisca a sollevare il velo di silenzio ipocrita che copre la realtà dei "voli fantasma".

Come succede talvolta anche stamattina uscendo di casa ho incrociato Albert, 6 anni, con la mamma che lo accompagna a scuola. 

"Buongiorno" – dico. 

"Ciao " – mi risponde il bambino. "Buongiorno" – la madre.

"A quest'ora andate a passeggio?" - dico per prendere in giro. Albert risponde corrucciato: "Ma no, vado a scuola". 

"Ma ti piace andare a scuola?"

"Si, tanto"

"E perché?"

"Perché imparo tante cose" – risponde pronto.

"E cosa ti piace?"

"La matematica mi piace"

"Mi dici una cosa che hai imparato?"

Silenzio. Poi ancora silenzio. Poi: "Mi piace la matematica perché ho imparato che da 8 per arrivare a 10 bisogna fare più".

Albert e la sua famiglia sono rifugiati eritrei scappati dal loro Paese e arrivati in Italia con uno dei voli umanitari.

 

Bisogna raccontarlo in tutte le scuole, farlo sapere, far vedere i video girati di soppiatto. In Afghanistan le bambine vanno a scuola di nascosto, frequentano le scuole clandestine.

"Per la prima volta negli ultimi 30 anni siamo passati in vantaggio contro le mafie. Per troppo tempo nella classe dirigente nazionale ha prevalso la cultura dello zero a zero. Invece possiamo vincere.

"È vero, Dio ci dà la libertà, e tanti mali vengono proprio perché l'uomo ha perso la capacità di seguire le regole, ha cambiato la natura, – ha detto Papa Francesco nell'intervista a Che tempo che fa – ha cambiato tante cose, e anche per le proprie fragilità umane.

La dignità è come la luce: ti permette di vedere, incontrare, riconoscere, lavorare, amare... anche se non ti accorgi di quella presenza, tanto diffusa, quanto anonima.

Con buona pace del circo di Sanremo, oggi gli occhi sono puntati anche sul "nuovo" presidente della Repubblica e sul discorso che pronuncerà in Parlamento.

Se c'è qualcosa di ancora più orrendo della guerra con il dolore per gli strappi d'affetto, le violenze, la morte e la distruzione, le sofferenze e la fame che ne conseguono, statene certi: i bambini l'hanno vissuta.

Sono ormai consunte le parole di soddisfazione e compiacimento per l'elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica e sono pronto a sottoscriverle. Ma visto che quelle a favore sono state già tutte pronunciate, lasciate che, almeno in nota, ne scriva una un po' critica e preoccupata.

Se arrivasse un visitatore da un altro pianeta e, tra le altre cose, si appassionasse ad apprendere i principi e la grammatica della democrazia, si farebbe di certo una grassa risata nell'assistere al teatro quotidiano che va in scena per l'elezione della carica più alta del nostro ordinamento di democrazia parlamentare.